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Il bambino problematico : la Sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD)

March 11th, 2006 by minerva

I mutamenti repentini e improvvisi che in questi anni hanno interessato la società e in particolare il nucleo famigliare hanno favorito la comparsa di nuove patologie infantili.

In particolare si è ravvisato un aumento della Sindrome da deficit di attenzione o iperattività (ADHD), descritta per la prima volta nel 1845 dal medico Heinrich Hoffman, ma riconosciuta come vera e propria patologia solo nel 1902.

L’ADHD consiste in un disordine dello sviluppo neuro psichico del bambino e dell’adolescente, caratterizzato da iperattività , impulsività , incapacità a concentrarsi che si manifesta generalmente prima dei 7 anni d’età . La sindrome è stata descritta clinicamente e definita nei criteri diagnostici e terapeutici nel “Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders”, ( DSM - IV). Comunemente , un bambino è iperattivo quando è costantemente in movimento, picchietta con le dita, dondola o scalcia con le gambe per lungo tempo, in genere è un po’ aggressivo con i compagni, tende a spintonarli, parla quando non tocca a lui e si distrae maneggiando vari oggetti. Per i genitori e gli insegnanti, questo è l’identikit del “bambino problematico “.

Il DSM ha spostato il fulcro dell’attenzione dall’iperattività alla difficoltà del bambino a concentrarsi sul compito da svolgere per un periodo di tempo adeguato, e al suo dedicarsi a una iperattività non finalizzata.

I sintomi principali della Sindrome da ADHD sono la disattenzione , l’iperattività e l’impulsività presenti per almeno sei mesi e comparsi prima dei sette anni di età .

della Sindrome da ADHD sono la disattenzione , l’iperattività e l’impulsività presenti e comparsi prima dei sette anni di età .

della Sindrome da ADHD sono la disattenzione , l’iperattività e l’impulsività presenti e comparsi prima dei sette anni di età .

della Sindrome da ADHD sono la disattenzione , l’iperattività e l’impulsività presenti e comparsi prima dei sette anni di età .

della Sindrome da ADHD sono la disattenzione , l’iperattività e l’impulsività presenti e comparsi prima dei sette anni di età .

della Sindrome da ADHD sono la disattenzione , l’iperattività e l’impulsività presenti e comparsi prima dei sette anni di età .

I bambini con ADHD:

· hanno difficoltà a completare qualsiasi attività che richieda concentrazione

· sembrano non ascoltare nulla di quanto gli viene detto

· sono eccessivamente vivaci, corrono o si arrampicano, saltano sulle sedie

· si distraggono molto facilmente

· parlano in continuazione, rispondendo in modo irruento prima di ascoltare tutta la domanda

· non riescono ad aspettare il proprio turno in coda o in un gruppo di lavoro

· possono manifestare serie difficoltà di apprendimento che rischiano di farli restare indietro rispetto ai compagni di classe, con danni emotivi

La diagnosi di ADHD può essere formulata secondo il DSM in presenza di:

· 6 o più dei 9 sintomi di disattenzione oppure di

· 6 o più dei 9 sintomi di iperattività \impulsività .

Alla sindrome ADHD si può accompagnare, a seconda dei casi, lo sviluppo di altre forme di disagio: ansia e depressione, disordini comportamentali, difficoltà nell’apprendimento, sviluppo di tic nervosi.

Le cause della sindrome di ADHD non sono ancora state completamente chiarite : a) forse vi è una componente genetica nella trasmissione della patologica , b) altri pensano agli effetti negativi di fumo e alcool in gravidanza , c) alcuni ricercatori hanno scoperto che alcune aree del cervello dei bambini con AHDH sono più piccole rispetto a quelle dei bimbi sani oppure manifestano un deficit di dopamina a livello cerebrale, d) altre scienziati hanno scoperto che i bambini che guardano la TV per molte ore al giorno sviluppano più facilmente la ADHD a causa delle immagini irreali e veloci di molti programmi , che alterano lo sviluppo del cervello, e) la scarsa attenzione che i genitori riescono a dare ai propri figli a causa degli impegni lavorativi pressanti , i ritmi di vita frenetici possono confondere i bimbi che si trovano privi di un loro spazio ,delle figure di riferimento ; a causa di ciò possono insorgere sintomi dell’ADHD che riflettono lo stato di profondo turbamento infantile e la conseguente richiesta disperata di attenzione.

della sindrome di ADHD non sono ancora state completamente chiarite : a) forse vi è una componente genetica nella trasmissione della patologica , b) altri pensano agli effetti negativi di fumo e alcool in gravidanza , c) alcuni ricercatori hanno scoperto che alcune aree del cervello dei bambini con AHDH sono più piccole rispetto a quelle dei bimbi sani oppure manifestano un deficit di dopamina a livello cerebrale, d) altre scienziati hanno scoperto che i bambini che guardano la TV per molte ore al giorno sviluppano più facilmente la ADHD a causa delle immagini irreali e veloci di molti programmi , che alterano lo sviluppo del cervello, e) la scarsa attenzione che i genitori riescono a dare ai propri figli a causa degli impegni lavorativi pressanti , i ritmi di vita frenetici possono confondere i bimbi che si trovano privi di un loro spazio ,delle figure di riferimento ; a causa di ciò possono insorgere sintomi dell’ADHD che riflettono lo stato di profondo turbamento infantile e la conseguente richiesta disperata di attenzione.

della sindrome di ADHD non sono ancora state completamente chiarite : a) forse vi è una componente genetica nella trasmissione della patologica , b) altri pensano agli effetti negativi di fumo e alcool in gravidanza , c) alcuni ricercatori hanno scoperto che alcune aree del cervello dei bambini con AHDH sono più piccole rispetto a quelle dei bimbi sani oppure manifestano un deficit di dopamina a livello cerebrale, d) altre scienziati hanno scoperto che i bambini che guardano la TV per molte ore al giorno sviluppano più facilmente la ADHD a causa delle immagini irreali e veloci di molti programmi , che alterano lo sviluppo del cervello, e) la scarsa attenzione che i genitori riescono a dare ai propri figli a causa degli impegni lavorativi pressanti , i ritmi di vita frenetici possono confondere i bimbi che si trovano privi di un loro spazio ,delle figure di riferimento ; a causa di ciò possono insorgere sintomi dell’ADHD che riflettono lo stato di profondo turbamento infantile e la conseguente richiesta disperata di attenzione.

della sindrome di ADHD non sono ancora state completamente chiarite : a) forse vi è una componente genetica nella trasmissione della patologica , b) altri pensano agli effetti negativi di fumo e alcool in gravidanza , c) alcuni ricercatori hanno scoperto che alcune aree del cervello dei bambini con AHDH sono più piccole rispetto a quelle dei bimbi sani oppure manifestano un deficit di dopamina a livello cerebrale, d) altre scienziati hanno scoperto che i bambini che guardano la TV per molte ore al giorno sviluppano più facilmente la ADHD a causa delle immagini irreali e veloci di molti programmi , che alterano lo sviluppo del cervello, e) la scarsa attenzione che i genitori riescono a dare ai propri figli a causa degli impegni lavorativi pressanti , i ritmi di vita frenetici possono confondere i bimbi che si trovano privi di un loro spazio ,delle figure di riferimento ; a causa di ciò possono insorgere sintomi dell’ADHD che riflettono lo stato di profondo turbamento infantile e la conseguente richiesta disperata di attenzione.

della sindrome di ADHD non sono ancora state completamente chiarite : a) forse vi è una componente genetica nella trasmissione della patologica , b) altri pensano agli effetti negativi di fumo e alcool in gravidanza , c) alcuni ricercatori hanno scoperto che alcune aree del cervello dei bambini con AHDH sono più piccole rispetto a quelle dei bimbi sani oppure manifestano un deficit di dopamina a livello cerebrale, d) altre scienziati hanno scoperto che i bambini che guardano la TV per molte ore al giorno sviluppano più facilmente la ADHD a causa delle immagini irreali e veloci di molti programmi , che alterano lo sviluppo del cervello, e) la scarsa attenzione che i genitori riescono a dare ai propri figli a causa degli impegni lavorativi pressanti , i ritmi di vita frenetici possono confondere i bimbi che si trovano privi di un loro spazio ,delle figure di riferimento ; a causa di ciò possono insorgere sintomi dell’ADHD che riflettono lo stato di profondo turbamento infantile e la conseguente richiesta disperata di attenzione.

della sindrome di ADHD non sono ancora state completamente chiarite : a) forse vi è una componente genetica nella trasmissione della patologica , b) altri pensano agli effetti negativi di fumo e alcool in gravidanza , c) alcuni ricercatori hanno scoperto che alcune aree del cervello dei bambini con AHDH sono più piccole rispetto a quelle dei bimbi sani oppure manifestano un deficit di dopamina a livello cerebrale, d) altre scienziati hanno scoperto che i bambini che guardano la TV per molte ore al giorno sviluppano più facilmente la ADHD a causa delle immagini irreali e veloci di molti programmi , che alterano lo sviluppo del cervello, e) la scarsa attenzione che i genitori riescono a dare ai propri figli a causa degli impegni lavorativi pressanti , i ritmi di vita frenetici possono confondere i bimbi che si trovano privi di un loro spazio ,delle figure di riferimento ; a causa di ciò possono insorgere sintomi dell’ADHD che riflettono lo stato di profondo turbamento infantile e la conseguente richiesta disperata di attenzione.

Il bimbo affetto da ADHD deve essere seguito a livello psicologico , e laddove siastrettamente necessario si può ipotizzare un intervento farmacologico con il metilfenidato assunto con altre anfetamine.

Essenziale ai fini di un risultato positivo della terapia è un rapporto prolungato con lo psicologo infantile, sia da parte del bambino sia della famiglia, per sviluppare in modo concertato tecniche di gestione del comportamento.

Molto probabilmente è assai più sensato per un genitore rivolgersi ad uno psicologo infantile , poiché molti bambini in età prescolare vengono considerati disattenti e iperattivi dai loro genitori e insegnanti, ma nella maggior parte dei casi essi stanno solo attraversando una normale fase dello sviluppo che non sfocia nelle modalità persistenti tipiche del disturbo da ADHD.E’ quindi necessario fare molta attenzione sia prima nel fare diagnosi spesso molto azzardate, sia dopo nel decidere di far “curare” il proprio figlio con anfetamine.

Dott.ssa Caraccio Elena 

La depressione postpartum e la psicosi puerperale

March 11th, 2006 by minerva

La depressione postpartum è stata definita “babyblues” da Donald Winnicott, pediatra e psicoanlista inglese. Questa patologia è un leggero stato di depressione, (con pianti immotivati ,leggere oscillazioni del’umore,irritabilità , collera e affaticabilità ), che colpisce circa l’80% delle donne verso il quinto giorno dopo il parto, insinuando fra i sentimenti gioiosi di aver generato un bambino, altri, meno nitidi, più confusi e indecifrabili.

è stata definita “babyblues” da Donald Winnicott, pediatra e psicoanlista inglese. Questa patologia è un leggero stato di depressione, (con pianti immotivati ,leggere oscillazioni del’umore,irritabilità , collera e affaticabilità ), che colpisce circa l’80% delle donne verso il quinto giorno dopo il parto, insinuando fra i sentimenti gioiosi di aver generato un bambino, altri, meno nitidi, più confusi e indecifrabili.

è stata definita “babyblues” da Donald Winnicott, pediatra e psicoanlista inglese. Questa patologia è un leggero stato di depressione, (con pianti immotivati ,leggere oscillazioni del’umore,irritabilità , collera e affaticabilità ), che colpisce circa l’80% delle donne verso il quinto giorno dopo il parto, insinuando fra i sentimenti gioiosi di aver generato un bambino, altri, meno nitidi, più confusi e indecifrabili.

è stata definita “babyblues” da Donald Winnicott, pediatra e psicoanlista inglese. Questa patologia è un leggero stato di depressione, (con pianti immotivati ,leggere oscillazioni del’umore,irritabilità , collera e affaticabilità ), che colpisce circa l’80% delle donne verso il quinto giorno dopo il parto, insinuando fra i sentimenti gioiosi di aver generato un bambino, altri, meno nitidi, più confusi e indecifrabili.

è stata definita “babyblues” da Donald Winnicott, pediatra e psicoanlista inglese. Questa patologia è un leggero stato di depressione, (con pianti immotivati ,leggere oscillazioni del’umore,irritabilità , collera e affaticabilità ), che colpisce circa l’80% delle donne verso il quinto giorno dopo il parto, insinuando fra i sentimenti gioiosi di aver generato un bambino, altri, meno nitidi, più confusi e indecifrabili.

è stata definita “babyblues” da Donald Winnicott, pediatra e psicoanlista inglese. Questa patologia è un leggero stato di depressione, (con pianti immotivati ,leggere oscillazioni del’umore,irritabilità , collera e affaticabilità ), che colpisce circa l’80% delle donne verso il quinto giorno dopo il parto, insinuando fra i sentimenti gioiosi di aver generato un bambino, altri, meno nitidi, più confusi e indecifrabili.

Alcuni pensano che sia una normale reazione della mamma all’improvviso distacco fisico dal suo bambino, altri sostengono che è una malinconia causata dalla perdita del bambino “sognato” idealizzato dalla mamma durante la gravidanza.

Con l’arrivo del bambino “reale”, tutte le cose si complicano: la mamma può essere sopraffatta dai dubbi sulle sue effettive capacità di allevare il neonato, che richiede per sé tutte le sue attenzioni e le energie.

Una volta alle spalle della neo-mamma c’era la famiglia allargata: una schiera di zie, cugine e nonne che potevano sostenere con la loro esperienza e disponibilità i genitori del nuovo nato. Adesso spesso si affronta la maternità senza avere mai visto un neonato, o senza poter contare su un concreto appoggio o aiuto famigliare.

Entrare in sintonia con il proprio bambino diventa molto difficile,ed è davvero curioso che in un contesto culturale come il nostro che in teoria esalta la maternità , condannando aborto, contraccezione e referendum, in pratica la maternità la emargina, tagliando in contemporanea fondi monetari a Nidi, Servizi e Sicurezza Sociale.

Le mamme di oggi si trovano ad affrontare un sentimento di solitudine e di estraneità dovuto alla paura del legame con il loro bambino, che viene sentito come totalizzante , eccessivo, addirittura soffocante. Alcune reagiscono a questi sentimenti negativi riprendendo il prima possibile la carriera lavorativa, altre cercano di adattarsi a questo periodo molto stressante come possono.

“Ci sono persone che rimangono colpite quando scoprono che un neonato non suscita in loro solo sentimenti d¹amore” affermava Winnicott. Invece è importante sapere che anche l’aggressività è una componente dell’amore materno, da sempre.

Secondo Winnicott, è utile far sperimentare alle madri i loro risentimenti, anche i più aspri. Una mamma non è una super-eroina con il sorriso sempre presente, è solo un essere umano con i suoi limiti che cerca di amare ed educare il suo bimbo al meglio.

Al fine di individuare il maggior numero di donne con segni di depressione post-natale è necessario fare attenzione ai sintomi riferiti, ai sentimenti e pensieri negativi espressi, ma anche alla loro persistenza e all’intensità con cui sono vissuti.

Il mancato riconoscimento di una depressione aumenta il rischio di conflitto nella coppia e la possibilità di separazione e divorzio, oltre ad incidere sul benessere del neonato e di altri figli. Per le forme lievi o medie sono indicati trattamenti psicologici (counselling individuale, psicoterapia individuale o di coppia, terapia di gruppo). Laddove la depressione dovesse peggiorare è indicato l’intervento dello psichiatra che prescriverà i farmaci adatti.

Ben più grave ma fortunatamente più rara, è la psicosi puerperale che non deve essere confusa con la depressione postpartum. È caratterizzata da disturbi del pensiero e da comportamenti depressivi o maniaco-depressivi, e ha un’insorgenza acuta subito dopo la nascita del bambino e può durare da pochi mesi ad un anno.

La psicosi puerperale tende verosimilmente a ripresentarsi con le successive gravidanze, generalmente ad evoluzione rapida ed i sintomi più frequenti sono:stato confusionale,gravi oscillazioni del tono dell’umore,comportamenti eccentrici,delirio,allucinazioni.

Alcune di queste madri , che hanno antecedenti psichiatrici di schizofrenia o psicosi tentano di uccidere se stesse o il loro bambino, per questa ragione aumenta l’incidenza di trattamenti psichiatrici e ricoveri per due anni dopo il parto.

Dott.ssa Caraccio Elena 

I genitori e la separazione dai figli

March 11th, 2006 by minerva

I genitori e la separazione dai figlià

I genitori giungono ad un traguardo importante quando devono affrontare il distacco dal loro bimbo, e ciò avviene in modo “ufficiale” quando giunge il momento dell’inserimento nella Scuola dell’Infanzia del loro figlio.

Per alcuni bambini l’ingresso nella Scuola dell’Infanzia rappresenta il contatto con una realtà sociale più ampia : si sviluppano relazioni con i propri pari e con gli adulti condividendo spazi, materiali ludici e attività didattiche improntate sul gioco e sul vissuto sensoriale e corporeo. Chi invece ha frequentato l’asilo nido affronta un ambiente nuovo, associato al cambiamento delle educatrici di riferimento e dei compagni.

I bambini possiedono impensabili capacità nell’affrontare il distacco dalla famiglia se i genitori permettono loro di vivere ,elaborare , e sperimentare la situazione nuova in cui si trovano.

Lo psicoanalista John Bowlby e la psicologa Mary Ainsworth ( ideatori della teoria dell’attaccamento) hanno studiato la relazione tra madre e bambino, scoprendo che ogni bambino possiede un determinato stile di attaccamento, che riflette il modo in cui ciascun soggetto ha vissuto il rapporto con i caregivers, che possono avere soddisfatto il bisogno di protezione e di sicurezza, oppure possono essere stati poco responsivi.

Alcune ricerche hanno dimostrato l’effetto positivo della responsività dei genitori sullo sviluppo sociale, emotivo e cognitivo, perchè il tipo di attaccamento infantile, determinato dalla qualità delle cure materne ricevute, influenzerà la costituzione della personalità e la visione che il bambino avrà di sé e degli altri.

Vi sono diversi tipi di relazioni di attaccamento : a) attaccamento sicuro : il bambino è in grado di esplorare l’ambiente in modo attivo sia in presenza che in assenza della madre;accoglie la madre , quando ritorna, salutandola o facendosi consolare in caso abbia sofferto della separazione; b)attaccamento ambivalente ( o insicuro - ansioso) : sia in presenza che in assenza della madre il bimbo esplora poco l’ambiente circostante, piange molto in sua assenza e all’arrivo della mamma sembra cercare il contatto ma al tempo stesso lo rifiuta ;c) attaccamento evitante : il bimbo si mostra indifferente sia in presenza che in assenza della mamma, e quando la vede dopo una separazione la evita accuratamente, guardando da un’altra parte o continuando a giocare; il bimbo non mostra disagio né quando è da solo , né quando rivede la mamma dopo una separazione.

I bambini con attaccamento sicuro hanno una mamma attenta e sensibile ai loro bisogni, che trasmette fiducia nella realtà circostante e permette ai figli di esplorare l’ambiente circostante. I bambini ambivalenti sono accuditi da madri imprevedibili : mostrano affetto quando il figlio non lo richiede ,e rifiutano il contatto fisico quando invece il bimbo ne ha necessità , perché è a disagio. I bambini evitanti sono assistiti da una madre indifferente ai loro bisogni, che li rifiuta costantemente e scoraggia il contatto fisico.Gli stili di attaccamento ambivalente ed evitante vengono considerati come strategie adattive messe in atto dal bimbo, per adattarsi alla personalità materna.

Bowlby sostiene che le rappresentazioni mentali dei bambini riguardo le figure di attaccamento ( generalmente i genitori) si formino molto presto durante l’infanzia. Queste rappresentazioni mentali sono concetti che i bambini costruiscono relativamente alla natura, alle caratteristiche e ai comportamenti attesi del mondo e di coloro che lo popolano, incluso il Sé del bambino stesso. Questi modelli, che sono flessibili e adattabili, derivano dalle ripetute esperienze quotidiane dei bambini con le loro figure di attaccamento: sono cioè correlati al grado col quale il genitore è sensibilmente percettivo verso i segnali del bambino e coerentemente responsivo ad essi, è disponibile a dare conforto quando richiesto, accetta affettivamente il bambino e apprezza e facilita la sua esplorazione attiva dell’ambiente.

Ogni genitore affronta la separazione dal figlio in modo diverso : a) alcuni vogliono lasciarlo a scuola subito in modo frettoloso senza rispettarne i tempi di inserimento , b) altri non riescono a separarsi da lui poiché faticano a riconoscerne la sua autonomia e sono molto insicuri , c) ci sono genitori che al contrario pensano che il loro bimbo sia un “genio” , che quindi non abbia bisogno di regole e che gli altri debbano adattarsi a lui e non viceversa , d) altri invece svalutano i loro bimbo , non lo sostengono , lo denigrano pensando di spingerlo a fare meglio , e) altri ancora si disinteressano completamente del progetto educativo in cui è coinvolto il figlio.

Concludendo qualche consiglio per i genitori : a) cercare di riconoscere l’individualità e le capacità del vostro bimbo, e facilitarne l’autonomia , b) essere presenti ma non invadenti : il bimbo deve sapere che ci siete al momento del bisogno ma deve sperimentare la realtà , inclusa anche qualche frustrazione , c) dare al bimbo delle semplici regole di vita che devono essere chiare e cercare di farle rispettare , d) cercare il confronto costruttivo con altri genitori, con le insegnanti, e se si è profondamente in crisi rivolgetevi ad uno psicologo.

Dott.ssa Caraccio Elena

Psicologa

 

I bambini e il lupo cattivo: abusi e maltrammenti

March 11th, 2006 by minerva

à I bambini e il lupo cattivo: abusi e maltrattamenti

Per molto tempo, medici, psichiatri, psicologi hanno dato poca importanza agli abusi subiti dai bambini, come se fosse un tabù riconoscerne l’esistenza. Fino a cinquanta, sessant’anni fa era normale ad esempio che il bambino fosse oggetto di pene corporali anche pesanti a scopo “educativo”.

Nel 1929 al XIX Congresso di Medicina Legale due medici francesi presentarono un lavoro sulle sevizie a danno dei bambini ma per lunghi anni la negazione del problema ha portato a trovare pseudo-risposte razionali e scientifiche al riguardo come quella del dott. R. Astley (1953) che dopo aver visitato parecchi bambini, che venivano ricoverati in ospedale per fratture al cranio e/o agli arti, giungeva alla conclusione di una “fragilità ossea” dei pazienti senza interrogarsi sulle reali cause del danno fisico.

Con la scoperta dei raggi X, nel 1962 tre ricercatori Rezza, Silverman e Kempe dopo aver studiato molti bambini con traumi cranici, frattura degli arti, emorragie o piaghe, giungono alla definizione della “sindrome del bambino maltrattato”.

Alcune ricerche condotte da medici hanno studiato gli aspetti evidenti dell’abuso come il maltrattamento fisico, mentre è stata focalizzata l’attenzione sull’aspetto psicologico solo quando si è considerata l’infanzia una vera e propria fase evolutiva, A questo proposito, Il contributo della psicoanalisi è stato utile, poiché ha posto l’accento sull’età evolutiva come il periodo in cui si pongono le basi per lo strutturarsi di una personalità sana o patologica.

Il contributo psicanalitico si é perciò incentrato sulla relazione primaria madre-bambino, sulla funzione dell’ambiente umano che sostiene e favorisce lo sviluppo e sul valore del trauma, nelle sue componenti psicologiche e fisiche, nell’ostacolare, deviare o deformare lo sviluppo stesso.

Una volta che è stata riconosciuta sia la dimensione fisica che la dimensione psicologica dell’abuso sui minori si è proceduto ad una classificazione della tipologia di violenza sui bambini:

1) maltrattamento fisico e psicologico, 2) abuso sessuale, 3) prostituzione, 4) sfruttamento del minore per materiale pornografico, 5) incuria , 6) abbandono del minore, 7) infanticidio. In questa sede si approfondirà il discorso dell’abuso sessuale. .

In generale si può definire abuso sessuale ogni relazione tra adulto e bambino, all’interno della quale un atto sessuale viene imposto al minore. L’influenza dei aspetti sociali, culturali ed economici é secondaria nella genesi dei comportamenti abusanti, che risultano diffusi in ogni classe sociale.

Quando nelle relazioni a carattere sessuale sono coinvolti gli adolescenti, i confini entro i quali definire l’abuso sessuale si fanno più confusi. E’ infatti impossibile e sempre arbitrario definire il momento in cui l’adolescente raggiunge la capacità di acconsentire liberamente e pienamente alla relazione sessuale.

Oltre l’età , la definizione di abuso sessuale prevede la valutazione di altri parametri come, per esempio, la questione se l’abuso è stato perpetrato all’interno o all’esterno della cerchia famigliare , per quanto tempo sono perdurati gli episodi abusanti, se sia stato commesso da coetanei o adulti,

Il coinvolgimento di un minore in una relazione sessuale, infatti, si basa spesso su una posizione di potere e dominio da parte dell’adulto. L’esperienza clinica ha ampiamente evidenziato che chi aggredisce i bambini cerca, attraverso comportamenti sessuali, di soddisfare bisogni che hanno a che fare con la ricerca di sensazioni di potere, controllo e dominio.

Le conseguenze a breve e lungo termine dell’abuso sessuale sono comunque gravi e serie, dal punto di vista psicopatologico, tali da produrre una ferita psicologica interna che difficilmente riesce a cicatrizzarsi.

In particolare le violenze sessuali possono evolvere nella forma di sindromi post-traumatiche (PTSD), o in quadri psicopatologici più complessi del tipo

deformazioni dello sviluppo psicoaffettivo dell’immagineà à del Sé e del senso dell’autostima;

patologie psicosomatiche;

patologie del comportamento sessuale;

patologie del comportamento, dell’adattamento e della vita di relazione;

disturbi del comportamento alimentare;

gravi disturbi della personalità .

 

Bisogna fare molta attenzione nel diagnosticare l’esistenza di un abuso in un bambino poiché i sintomi manifestati e le condotte sono sempre aspecifiche, anche se vi sono dei fattori che caratterizzano le condotte del bambino : 1) in età prescolare : disturbi del sonno, irritabilità , disturbi alimentari, alterazioni del livello di attività , aggressività , iperattività ;

2) in età scolare : malattie fisiche(dolori addominali e del tratto gastroenterico, cefalea), disturbi del sonno, disturbi alimentari, problemi scolastici, comportamenti fobici (sitofobia ecc.) ed avversione o diffidenza verso certe persone, , isolamento dalle comuni attività svolte e dalla vita sociale, eccessiva o scarsa igiene, comportamenti regressivi, condotte compiacenti e remissive, riduzione autostima o sfiducia verso l’adulto, depressione/Ansia (come arresto brusco delle attività di gioco con tristezza, disagio ed ansia), crisi acute di pianto, disturbi della condotta( fughe, atti delinquenziali o prostituzione), comportamenti ostili, aggressivi o autodistruttivi, abuso di sostanze psicotrope, attività sessuale promiscua o gravidanze precoci, tentativi di suicidio.

Dott.ssa Caraccio Elena

Psicologa

L’identità di genere

March 13th, 2006 by minerva

à L’identità di genere

L’identità di genere è da intendersi come una costellazione di aspetti psicologici, interessi valori e attitutidini associati ai due sessi maschile e femminile in base ad aspettative , valori e norme culturali, mentre l’identità sessuale indica il riconoscersi come appartenenti all’uno o all’altro sesso biologico.à
L’identità sessuale è decisa a livello cromosomico al momento del concepimento , ma la differenzazione anatomica sessuale si realizza dalla sesta settimana di gravidanza.
à Con la nascita e l’attribuzione del nome in base al sesso , il bimbo incomincia a ricevere tutta una serie di segnali riguardanti la sua identità di genere : i vestiti di colore diverso in base al sesso, i giocattoli,à etc.
Ad un anno di età il bimbo sa già distinguere alcune caratteristiche maschili e femminili come il tono e il timbro di voce della mamma e del papà , ma non sa ancora di appartenere all’uno o all’altro genere.
I genitori svolgono un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’identità di genere del bimbo poichè con la loro condotta trasmettono atteggiamenti che orientano il piccolo verso l’essere maschile o femminile , atteggiamenti con cui il loro figlio si identifica. Ad esempio, generalmente alle femminucce è consentito essere più timide ed emotive, mentre ai maschietti è richiesta maggiore iniziativaà e determinazione.
In un esperimento del 1980 chiamato “Baby X” , degli adulti giocavano con bimbi di un anno vestiti con tutine uguali, in modo che non si potessero riconoscere i maschi e le femmine. Le frasi rivolte dalle persone cambiavano a seconda del sesso attribuito al bimbo che avevano di fronte. Ad esempio , se pensavano di parlare con una femmina le dicevano ” Che bella bimba che sei, da grande farai la ballerina!”. Se lo stesso bimbo veniva presentato come un maschio allora le stesse persone dicevano ” Guarda che muscoli: da grande farai il calciatore!”.
Tra i due e i tre anni la maggior parte dei bambini è in grado di etichettarsi come maschio o femmina tuttavia diventano consapevoli dell’immutabilità del proprio sesso e di quello altrui verso i sei- sette anni . Già prima dei due anni ,i piccoli scelgono giocattoli e attività congruenti con il loro sesso,à e iniziano a manifestare la preferenza per compagni di gioco dello stesso sesso.à
In questa fase, i bimbi sviluppano un particolare interesse per i loro organi genitali e scoprono le differenze guardando i fratellini o gli amichetti. Questo periodo viene definito fase edipica (dai 3 ai 6 anni) : il bimbo è innamorato della sua mamma, mentre il papà è di proprietà esclusiva della bimba . I genitori devono continuare ad essere il punto di riferimento dei figli , evitando di assecondarli eccessivamente : ognuno deve mantenere il suo ruolo e rispettare le regole della famiglia.
L’acquisizione di un’identità sessuale stabile dà origine ad un fenomeno che durerà fino all’adolescenza : i bimbi cercheranno amici del loro stesso sesso per rafforzare la loro identità di genere e la fiducia in sé. Le bambine giocheranno a fare le mamme , aà cucinare, a disegnare , mentre i maschietti preferiranno le automobiline, il pallone e tutti i giochi di movimento.
Dai 7 ai 10 anni , si verifica la fase di latenza, nella quale gli istinti sessuali si sopiscono , per ripresentarsi poi nel periodo dell’adolescenza.

Dott.ssa Caraccio Elena

Psicologa

 

Diversità a confronto

March 13th, 2006 by minerva

E’ ancora moltoà diffuso il binomio che accomunaà “omosessualità = patologiaàà?, e “eterosessualità = normalità àà?, forse a causa di timori latenti che accompagnano una omofobia ( odio verso le persone gay) che purtroppo è ancora molto comune.
Negli ultimi anni,à si è assistito ad un consistente cambiamento dei costumi nel mondo occidentale che ha provocato un notevole ampliamento del concetto di normalità . Basti pensare che fino ad alcuni decenni fa, l’omosessualità veniva classificataà come “perversioneàà? ,mentre oggi nessun psichiatra o psicologo azzarderebbe una simile diagnosi.
Per capire meglio il concetto di omosessualità e quanto sia difficile definirlo dobbiamo fare chiarezza su alcuni termini psicologici che vengono spesso confusi tra loro. Il concetto di identità sessuale è molteplice e complesso poiché è composto da diversi fattori : a) il sesso biologico- è dato dall’appartenenza biologica al sesso maschile o femminile determinata a livello cromosomico, b) l’identità di genere - si configura come l’identificazione primaria della persona come maschio o femmina e rappresenta un tratto permanente che si stabilisce di solito nella prima infanzia,c)à il ruolo sessuale - è costituito invece dall’insieme delle aspettative su come uomini e donne si debbano comportare in una data cultura e in un dato periodo storico ed è quindi un tratto variabile ,d) l’orientamento sessuale - riguarda l’attrazione erotica ed affettiva per i membri del sesso opposto, dello stesso sesso o entrambi; può quindi venire definito eterosessuale, omosessuale o bisessuale. Una ulteriore distinzione deve essere fatta tra “l’orientamento sessualeàà?, inteso come insieme di sensazioni e preferenze durature nel tempo, e il termine “comportamento sessualeàà?, utilizzato invece per descrivere pratiche e atti sessuali anche estemporanei (esistono infatti soggetti, sia uomini che donne, che hanno rapporti con persone dello stesso sesso, come esperienza più o meno occasionale, e non si sentono né si definiscono per questo omosessuali).
Questo excursus dovrebbe aiutare a capire il panorama variegato ed estremamente complesso dei vissuti e dei comportamenti umani in ambito sessuale e, a prendere atto che esistono situazioni che si muovono lungo continuum bipolari ai cui estremi ci può essere il maschile e il femminile (sesso biologico), ma anche la mascolinità e la femminilità (identità di genere e ruolo sessuale) o l’eterosessualità e l’omosessualità (orientamento sessuale). Spesso esistono sfumature assai sottili tra queste manifestazioni della sessualità umana ed è pertanto assai difficile catalogare le une o le altre oppure stabilire cosa è normale oppure patologico .
La persona omosessuale non mette in discussione la sua identità di genere, ma solo il suo orientamento sessuale, cioè la “sceltaàà? dell’oggetto d’amore. Nei casi in cui vi sia un vissuto “distortoàà? dell’identità sessuale non si parla infatti di omosessualità ma, piuttosto, di “transessualismoàà? (nel caso in cui sia stato iniziato o concluso un percorso di cambiamento di sesso con interventi di tipo chirurgico e ormonale) o di “trangenderàà? (nel caso di persone che non si sono sottoposte a interventi chirurgici ma non si sentono comunque in sintonia con il proprio sesso biologico).à à à à à à à
Secondo il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM), cioè secondo il Manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali che rappresenta lo strumento utilizzato da psichiatri e psicologi, si parla di Disturbo dell’identità di genere, quindi con implicazioni patologiche, solo ed esclusivamente qualora si manifesti, in una persona che si identifica con il sesso opposto, “un disagio significativo sul piano clinico oppure compromissione dell’area sociale, lavorativa o di altre aree importanti del funzionamentoàà?.
Ci sono molte teorie che cercano di dare una spiegazione all’omosessualità : a) secondo i sostenitori della causa biologica, ormonale o genetica, essa é congenita, b) gli psicoanalisti si sono rifatti all’educazione dell’individuo ed all’ambiente famigliare in cui esso é cresciuto: il soggetto sarebbe vittima di un trauma psicologico infantile, c) recentemente gli studiosi si sono limitati ad accettare la persona omosessuale che vive la sua condizione con serenità , cancellando l’omosessualità dall’elenco dei disturbi psicosomatici.
L’attenzione deve quindi essere focalizzata sulla prevenzione del disagio psicologico e sul supporto emotivo di un adolescente che scopre di essere omosessuale, piuttosto che sulle cause della genesi dell’omosessualità stessa.
È emerso che il 6% degli adolescenti che scoprono di essere gay tenta il suicidio , questo a causa della discriminazione costante che produce una sofferenza psicologica e un carico emotivo troppo pesante da sopportare, per una personalità in divenire. L a discriminazione, il rifiuto e il pregiudizio a cui sono sottoposti i gay non si riscontrano solo in ambito extrafamigliare, ma soprattutto nella famiglia di origine.
La mancata accettazione della condizione omosessuale da parte della società e della famiglia incide profondamente sulla costruzione di una serena identità individuale e sociale dell’adolescente, che forma la sua personalità attraverso il confrontoà e l’approvazione dell’altro.
La persona gay che si trova in difficoltà poiché si sente insicura, indegna e rischia pertanto crisi d’ansia, depressione etc. può rivolgersi ad uno psicologo che potrebbe aiutarla a trovare fiducia in se stessa e, di conseguenza, a sviluppare la forza necessaria per affrancarsi dalla condanna sociale, più o meno esplicita, ma sempre esistente.E anche le famiglie che non riescono ad accettare che un loro membro sia omosessuale possono rivolgersi ad un psicoterapeuta che faciliti la comunicazione ed intervenga tempestivamente in caso di adolescenti con queste problematiche. Inoltre, sono presenti sul territorio delle associazioni che possono aiutare le persone gay in difficoltà e le loro famiglie.

Si dovrebbe pervenire ad una visione più equilibrata e positiva dell’omosessualità , attraverso l’educazione all’ascolto, alla comprensione, al dialogo e, soprattutto, attraverso l’accettazione della soggettività e originalità di ciascun individuo.
Dott.ssa Caraccio Elena

Internet e il rischio psicopatologico

March 13th, 2006 by minerva

Internet è l’insieme di migliaia di reti collegate da protocolli tecnici che consentono agli utenti di ciascuna rete di comunicare, o di utilizzare i servizi situati su una qualsiasi delle altre.
La ragione della rapida diffusione di Internet staà nella circolarità delle informazioni, nella facilità di scambio di opinioni, nella rapidità con cui si può effettuare una ricerca.
Oltre agli innegabili vantaggi che Internet offre, si devono tenere presenti le conseguenze negative che può avere sull’uomo.Nel 1995, è stata introdotta nel DSM (il manuale statistico - diagnostico più diffuso tra gli psichiatri e gli psicologi) una patologia denominata Internet Addiction Disorder (IAD).
La IAD è una dipendenza concreta da Internet che provoca problemi sociali e relazionali come il progressivo rinchiudersi in sé, la negazioneà del reale, il rifiuto di ogni confronto con persone reali, il ritiro progressivo dalle relazioni interpersonali.
All’inizio il soggetto avverte il bisogno di passare più tempo collegato in rete, poi poco alla volta l’utente matura la consapevolezza di non riuscire più a ridurre o a sospendere l’uso di Internet.
I soggetti più a rischio sono : a) le persone particolarmente introverse che faticano a comunicare con gli altri, b) gli individuià che si trovano in difficoltà ad affrontare il mondo che le circonda, c) le persone con comportamenti ossessivo-compulsivi.à
Il rischio psicopatologico legato ad Internet deriva dalle stesse caratteristiche multimediali della rete , che permettono alla persona di sperimentare un vissuto virtuale di onnipotenza, legata sia la superamento dei normali vincoli spazio-temporali (Internet abbatte le barriere spazio-tempo), sia alla possibilità di esplorare differenti aspetti del Sé.
I fattori che servono per diagnosticare la IAD sono :
a) Segni clinici di tolleranza : un numero molto alto di ore passate su Internet ( più di 6 al giorno), per ottenere soddisfazione; marcata riduzione degli effetti derivanti dall’utilizzo della stessa quantità di tempo trascorsa in rete.à à
b) Segni clinici di astinenza: dopo la riduzione o la cessazione dell’uso di Internet si possono riscontrare : agitazione, insonnia, ansia, disinteresse per il mondo reale, pensieri ossessivi, fantasie e sogni su Internet; uso di Internet per alleviare la sindrome da astinenza.
c) Danni all’area sociale o lavorativa : accesso ad Internet sempre più prolungato, perdurare dell’uso di Internet a scapito delle relazioni sociali, dell’impegno lavorativo, della famiglia.à

Lungi dal creare allarmismi, negli ultimi anni lo sviluppo di Internet va pari passo con l’incremento di casi IAD conclamati , anche se la maggior parte dei soggetti IAD avevano precedenti problematiche psicopatologiche legate all’area affettiva. On line sono presenti numerosi questionari di autovalutazione che permetterebbero di diagnosticare in tempo reale la IAD.lI consiglio che si può dare in questi casi è quello di rivolgersi ad uno psicologo in carne e ossa, che valuterà il caso e vi darà il suo parere clinico.

Dott.ssa Caraccio Elena

L’elaborazione del lutto

March 13th, 2006 by minerva

La vita dei singoli è contrassegnata dalla perdita di persone care, e, in simili frangenti, è necessario assecondare il “lavoro del lutto”; darsi cioè lo spazio e il tempo per elaborare gli eventi e salvare del passato ciò che merita di essere salvato.
L’elaborazione del lutto è il processo necessario ad accettare e superare la perdita di una persona cara. Può richiedere un periodo più o meno lungo e seconda delle circostanze e della persona.
La capacità di affrontare le avversità e il dolore deriva dalla qualità positiva o negativa delle relazioni interpersonali, che il soggetto ha costruito sin dalla sua infanzia. Proprio durante l’infanzia la persona inizia a costruire il suo Sé, la fiducia nelle proprie capacità e verso il mondo circostante, la sua autonomia. Gli adulti con genitori che hanno favorito la loro autonomia, riescono ad affrontare meglio le separazionià e quindi il lutto, poiché possiedono una buona autostima.
Alcuni fattori sono in grado di influenzare la percezione del Sé e degli altri nel corso della vita, come ad esempio: a) i primi e significativi segni dell’invecchiamento fisico, b) le malattie e il deterioramento fisico e mentale,c) la morte dei genitori e successivamente del compagno o della compagna ,d) la trasformazione dei figli in adulti,e) esercitare e perdere potere nel luogo di lavoro,f) la nascita dei nipoti, g) la menopausa.
Successivamente dai cinquant’anni in poi, vi è la crescente consapevolezza della propria temporalità e la graduale accettazione dell’inevitabilità della propria morte. In questa fase critica dell’esistenza, le persone devono riequilibrare la propria personalità poiché devono distaccarsi da aspetti giovanili del Sé , sostituendoli attraverso la presa di coscienza che un Sé di mezza età può godere di un altissimo livello di autonomia ,competenza ,potere e vicinanza agli altri.
Questo processo può avvenire senza traumi e drammi solo se il soggetto possiede delle buone rappresentazioni di Sé e degli altri, che servono a formare e regolare le relazioni interpersonali, l’autostima e il senso di identità .
Laddove la persona vacilla di fronte all’idea della morte o al lutto, si rischia una perdita delle relazioni interpersonali e del contatto con la realtà , un rinchiudersi in sé che può sfociare in crisi d’ansia, depressione,disturbi ossessivo-compulsivi etc. e nei casi peggiori nel suicidio.
Il concetto di morte è compreso intuitivamente da bambini molto piccoli ( dai tre anni) e concettualmente dai 10 anni in poi, ma la mancanza di perdite dei genitori ,di lutti e la spinta evolutiva dell’adolescenza, unita alla consapevolezza di un futuro tanto lungo da sembrare infinito, minimizzano la portata di questa scoperta concettuale.
Durante l’adolescenza e l’età adulta il processo di invecchiamento ,esperienze pericolose, la morte di nonni e qualche volta genitori ,colloca la morte all’interno di una realtà piena di dolore, ma ancora lontana.
Arrivato il fatidico bivio della mezza età ,la morte è messa incredibilmente a fuoco,accettata come l’inevitabile e definitiva separazione. Le perdite sperimentate nella mezza e tarda età sono accettate bene dalla maggior parte delle persone se esiste il tempo per riflettervi e poterle comparare con quelle dei pari.
La percezione dello scorrere ineluttabile del tempo conduce l’adulto ad una più profonda e completa comprensione delle relazioni con gli altri e della condizione di essere umano.
A livello psicologico, si fa vivo il desiderio di sperimentare qualcosa di simile ad una rielaborazione emotivamente gratificante che il bambino - dai due anni in su - sperimenta tornando dalla madre. Nell’età adulta, il bisogno di sostegno emotivo è innescato dal rafforzarsi delle relazioni con la moglie/ il marito, i figli e i nipoti che hanno sostituito affettivamente i genitori della persona che non ci sono più.
In conclusione della presentazione psicologica del lutto, ho pensato di citare un brano tratto dall’opera di Hesse:

“Se la morte sembra attenderci
allunghiamo il nostro passo
non cediamo alle lusinghe di un lento procedere.
Cerchiamo l’incontro.
La morte non è né là né qui.
E’ foglia su tutti i sentieri.
E’ sguardo insolitamente triste se tradiamo la vita”.

H.Hesse
Dott.ssa Caraccio Elena

Psicologa

Gli adolescenti e la tossicodipendenza

March 13th, 2006 by minerva

Gli adolescenti e la tossicodipendenza
Uno dei rischi più gravi per un’adolescente è rappresentato dalla tossicodipendenza, cioè “da uno stato di intossicazione periodica o cronica che costituisce danno o pericolo per il soggetto o per il suo ambiente, risultante dall’assunzione ripetuta di una sostanza tossica naturale o sintetica”.
La tossicodipendenza è caratterizzata dalla presenza di tre fattori che interagiscono tra di loro:a) la sostanza di cui il soggetto abusa, che caratterizza quadri clinici diversificati, b) il consumatore, cioè il soggetto che fa uso della sostanza, c) la realtà sociale in cui avviene l’abuso della sostanza da parte del consumatore.
Un soggetto può essere definito tossicodipendente quando:
1. prova un desiderio irrefrenabile per la sostanza;
2. è vittima di condotte “compulsive” (cioè comportamenti che il soggetto non riesce ad evitare ed è come se fosse obbligato a mettere in atto);
3. quando è presente la tolleranza verso la sostanza d’abuso. Per cui, un individuo tossicodipendente può provare soddisfazione solo in presenza di una concentrazione ottimale di sostanza, al di sopra della quale si può parlare di sintomi da intossicazione acuta, al di sotto di sintomi di astinenza.
4. è presente una dipendenza psichica ( l’organismo del soggetto si abitua all’assunzione della sostanza, per cui una brusca interruzione o sospensione della droga causa l’insorgere della sindrome di astinenza),e/o fisica (quando il soggetto sospende l’assunzione di droga compaiono sintomi psichici come ansia, depressione, sbalzi di umore, che spingono ad abusare nuovamente della sostanza).
La classificazione degli stupefacenti si può effettuare in base ai sintomi clinici che provocano. In particolare si evidenziano:
 droghe down (cioè che causano un abbassamento del tono dell’umore): l’oppio con i suoi derivati (morfina ed eroina) e i barbiturici fanno provare un temporaneo appagamento e l’estraneamento transitorio dalla realtà ;
 droghe hight ( cioè che producono un innalzamento del tono dell’umore): cocaina e anfetamine causano euforia, esaltazione del senso di potenza e di sicurezza personale, accellerazione del pensiero;
 droghe allucinogene ( cioèà che alterano la percezione della realtà circostante): Lsd, mescalina e derivati generano allucinazioni, disorientamento spazio-temporale, deliri di persecuzione, distorsione dell’immagine del proprio corpo, etc.
Il soggetto che abusa di sostanze stupefacenti a lungo andare incomincia ad evitare gli impegni della vita quotidiana come il lavoro, la scuola,la famiglia. Assenze ingiustificate , ritardi continui, scarso rendimento lavorativo e scolastico, trascuratezza verso sé e i propri famigliari sono spie d’allarme da tenere ben presenti.
In particolare ciò che più colpisce oltre alla diffusione di massa del fenomeno “droga”, è che continua ad abbassarsi l’età della prima assunzione da parte degli adolescenti.
L’adolescente che abusa di alcol o droghe illecite costituisce un problema difficile per se stesso, la famiglia, e la societa’.
La diffusione del fenomeno di abuso di sostanze tra gli adolescenti avviene quando sono presenti uno o più elementi interdipendenti come:
a) la famiglia dove non vi sono regole o dove regna troppo autoritarismo, dove manca la comunicazione tra genitori e figli, dove vi sono figure parentali anafettive;
b) il gruppo dei pari, cioè il gruppo amicale dei coetanei dell’adolescente, la cui importanza e la cui autorità superano a volte quelle dei genitori. Il gruppo ha delle proprie regole di funzionamento, un codice morale a volte estraneo se non antitetico al contesto sociale, che induce l’adolescente a uniformarsi a determinati comportamenti (scelta dell’abbigliamento, linguaggio, stile di vita, ecc.). Il conformismo, vissuto come timore di non essere accettati e approvati dal gruppo, può indurre l’adolescente ad adottare comportamenti disadattati;
c) la realtà sociale che può favorire l’incontro tra adolescente e droga laddove vi sono fenomeni di disagio sociale ed economico, delinquenza, strutture inadeguate, etc;
d) il soggetto con la sua personalità e il suo atteggiamento nei confronti degli stupefacenti resta comunque il fattore decisivo nel processo di assunzione di droghe.
Alcune ricerche hanno evidenziato che per gli adolescenti la droga è sinonimo di evasione dalle proprie responsabilità , dal diventare adulto oppure è un modo per superare le proprie insicurezze, in una società che valorizza l’esteriorità a discapito delle qualità interiori.
Il successo da conseguire ad ogni costo a scuola, sul lavoro, in società , con la necessità di essere costantemente all’altezza, brillanti, socievoli porta i giovani, e ancheà gli adulti ad aiutarsi con qualche sostanza chimica.
Un primo passo importante per arginare questo problema è quello di favorire il dialogo genitori-figli, attraverso esperienze comuni che aiutino la famiglia a ritrovare la sua funzione e il suo ruolo nell’educazione dei figli.
La scuola e la società dovrebbero aiutare i giovani a maturare a livello culturale, affettivo e civile attraverso il monitoraggio continuo e la prevenzione di quei comportamenti cheà a lungo termine potrebbero diventare condotte devianti.
Un dato allarmante è che l’assunzione di droga è accompagnato in molti casi dall’assunzione di alcool.Molta importanza rivestono i Ser.T.(Servizi per le Tossicodipendenze),doveà i programmi terapeutici e socio-riabilitativi sono orientati alla cura della personaà e alle sue problematiche fisiche ,psicologiche e sociali, piuttosto che al solo abuso di sostanze. Infatti, spesso, l’abuso di sostanze è solo un aspetto esteriore e sintomatico di un più complesso e profondo disagio psico-sociale.
Dott.ssa Caraccio Elena
Psicologa

Le condotte autodistruttive in adolescenza

March 13th, 2006 by minerva

I comportamenti autodistruttivi degli adolescenti sono un fenomeno che in Italia è stato largamente sottostimato e trascurato. Dietro le stragi del sabato sera , le morti per overdose, per suicidio, e per abuso di alcool si nasconde una disperata voglia di farsi del male fino a pensare di uccidersi.
L’attrazione dei giovani per il rischio si manifesta in modo eclatante con l’aumento dei tentativi di suicidio , includendo in questa categoria alcune condotte particolarmente rischiose come la guida veloce ed in stato alterato, sport estremi praticati senza la preparazione necessaria, comportamenti tossicomanici a scopo suicidario.
In Italia, nella fascia d’età dai 15 ai 24 anni si tolgono la vita sette ragazzi su centomila mentre sarebbe di 1,4 l’incidenza fra le ragazze. Inverso il rapporto per i tentativi di suicidio: le femmine sono il doppio dei maschi con 600 casi su 100.000 contro 300.
Si evidenzia anche cheà un ragazzo su quattro e una ragazza su tre pensano al suicidio.
Fra le modalità di suicidio, il 90 % dei giovani sceglierebbe l’avvelenamento da farmaci o da altre sostanze, poi il taglio delle vene, il gettarsi giù da un ponte o da una finestra, l’impiccagione e il soffocamento.
I fattori di rischio alla base di un suicidio sarebbero: la fragilità famigliare (un divorzio traumatico in famiglia, morte del padre o della madre),presenza di suicidi in famiglia o di disturbi psichiatrici,à à la violenza fisica e l’abuso sessuali subiti dal soggetto, la depressione cronica di uno dei genitori ,il consumo di alcol e di droghe, e fattori precipitanti come una bocciatura..
Secondo Myron L. Belfer, Direttore della Divisione Infanzia e Adolescenza dell’Oms, : “Il fenomeno dei suicidi e dei tentativi di suicidio è molto vasto ma purtroppo è poco indagato. Quando c’é un incidente stradale con una sola persona a bordo, con l’auto che finisce contro un palo o un muro senza che ci siano passanti, deve nascere il sospetto che si tratti di un tentativo di suicidio”. Belfer invita i genitori a non sottovalutare alcuni segnali quali l’eccessivo rinchiudersi del giovane in se stesso, il continuo ripetere che il domani non offre prospettive, l’improvviso cambiamento del carattere e poi una altrettanto improvvisa euforia. Nella donna c’é un segnale in più: la tendenza a bere in modo esagerato.
Dietro ai comportamenti anomali degli adolescenti si può nascondere una volontà distruttiva causata da disturbi dell’umore non riconosciuti e non trattati. Per combattere questo stato di malessere, il giovane inizia a fare uso di alcool o di droghe, che vengono utilizzati come una sorta di automedicamento, di cura per il disagio provato. L’abuso di sostanze ha un impatto devastante sulle competenze mentali dell’adolescente, senza tenere conto dei problemi fisici che esse causano.
La sofferenza contenuta nel gesto suicida testimonia il desiderio di costruirsi uno spazio illusorio attraverso una fuga dal reale, da quella realtà che viene percepita come altamente ostile e problematica. Il dolore e il disagio eccessivi conducono a livelli altissimi la sofferenza e il malessere personale e possono portare il soggetto a degli agiti incontrollati come le condotte autodistruttive.
Erikson afferma che il livello di autostima deriva dalla soluzione di alcuni conflitti durante l’infanzia.Molte ricerche hanno evidenziato lo stretto rapporto tra l’incapacità a sviluppare precocemente un buon livello di autostima e lo sviluppo, fin dall’adolescenza, di un buon adattamento sociale. In generale, vi sarebbe una correlazione tra la bassa autostima, lo stato depressivo e le condotte autolesive del giovane.
Il giovane che mette in atto condotte autolesive ha : a) un concetto negativo di sé,b) aspettative negative nel rapporto con gli altri e verso la realtà che lo circonda , c) un’idea negativa della sua vita futura, d) un’accentuata consapevolezza sociale e cognitiva che gli permette di osservare acutamente le imperfezioni proprie e del mondo , ma allo stesso tempo l’adolescente non riesce a gestire questo problema emozionalmente.
Bisogna sviluppare nuove competenze nell’ambito di tutte le professioni coinvolte con i ragazzi, per cogliere precocemente i segnali di pericolo e sviluppare interventi mirati nelle situazioni più negative. Si deve cercare di riadattare il ragazzo al contesto sociale e al tessuto familiare.
Vi è quindi la necessità di programmare degli interventi di prevenzione, che agiscano cioè sui fattori che favoriscono il benessere psicologico e la salute mentale dei giovani.
Molta importanza viene data :
1. alla famiglia: i genitori devono prestare la massima attenzione all’umore e ai comportamenti dei loro figli , e per farsi aiutare si possono rivolgere agli psicologi dei Consultori Famigliari, per cercare di chiarire qualsiasi dubbio; le famiglie possono anche chiedere dei colloqui agli insegnanti del ragazzo per confrontarsi sulle problematiche che emergono. Gli adolescenti stessi possono rivolgersi allo psicologo del Consultorio Famigliare;
2. agli interventi a scuola - laà prevenzione del suicidio nell’adolescente dipende dalla capacità di identificare precocemente quei giovanià ad alto rischio e vulnerabili ,che presentano comportamenti come l’ideazione suicidaria o il tentato suicidio, e dall’offrire interventi capaci di modificare queste condotte prima che siano agite.
Generalmente, i programmi di prevenzione primaria delle condotte suicidarie devono porre particolare attenzione alla qualità del clima e dell’”atmosfera psicologica” nella scuola. Ciò implica la capacità di finalizzare parte dell’insegnamento alle strategie attive per affrontare gli eventi della vita, e allo sviluppo dei legami affettivi ed emozionali indispensabili a rafforzare la rete di solidarietà e di fiducia reciproca.

Dott.ssa Caraccio Elena

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